INTERVISTE
Fare industria in Italia, e comunicarla. Intervista a Enrico Garino, Chief Marketing Officer di Prima Power
Il contributo di Prima Power è di quelli poco evidenti quanto diffusi, qualcosa che capita spesso lavorando con il mondo industriale B2B, o business-to-business, ovvero con quelle realtà che non realizzano prodotti in vendita al pubblico, ma macchine, soluzioni o componenti rivolte ad altre aziende, aziende che poi utilizzeranno questi elementi per creare i loro prodotti finali.
In particolare, Prima Power sviluppa macchinari per la lavorazione della lamiera, occupandosi di quel che si definisce “sheet metal manufacturing” — e non c’è settore produttivo, dall’aerospazio agli oggetti di casa, in cui la lamiera (forata, piegata, profilata...) non sia presente. Il quartiere generale è alle porte di Torino, ma il brand è a tutti gli effetti un leader globale, con impianti produttivi in Italia, in Finlandia, negli Stati Uniti, in Cina.
Bellissimo ha curato insieme al team di Enrico Garino, Chief Marketing Officer (CMO), un percorso piuttosto approfondito sulla brand strategy di Prima Power che ripercorriamo qui, rinnovando il posizionamento comunicativo della marca e le linee guida per le future attività. Per contestualizzare il progetto e arricchire il racconto, lo abbiamo coinvolto in un breve scambio sulle sfide del proprio settore e la comunicazione B2B.
Enrico, che periodo è per una realtà industriale come la vostra?
Siamo in un contesto davvero in evoluzione, in cui è difficile fare previsioni a 2-3 anni… Il nostro è un settore maturo, in cui i clienti sostituiscono i loro vecchi macchinari con sistemi più efficienti. A livello tecnologico, le due tendenze forti su cui si concentrano gli investimenti sono l’automazione e il software.
E la concorrenza?
È molto agguerrita. Abbiamo visto arrivare aziende da Paesi con capacità produttive elevate, aziende con proposte molto aggressive sia nell’offerta sia nei prezzi. Anche qui le risorse per differenziarci sono l’automazione e il software, oltre ovviamente al servizio fornito ai clienti. Nell’automotive succede lo stesso: il settore soffre di “overcapacity”, la capacità produttiva è maggiore rispetto alla domanda.
Il quartier generale di Prima Power è in Italia. Quali sono i vantaggi di produrre qui?
L’Italia dà accesso a un know how. Qui abbiamo una cultura industriale che esiste, persone con competenze elevate, fornitori di livello. Fare impresa in Italia vuol dire questo. Poi questa filiera diffusa può creare delle tensioni sul prezzo rispetto a modelli in cui la catena del valore è più integrata. Ma il Sistema Italia dà ancora dei vantaggi.
E a livello di immagine? Qual è il percepito della tecnologia italiana?
Se il lusso è Made in Italy, il mondo dei macchinari è tipicamente Made in Germany, e anche per noi il concorrente più affermato è tedesco. Ma non ci sono problemi di immagine, anzi: in Italia siamo capaci a fare macchine industriali e farle bene. Il Made in Italy è ancora un bel brand.
Parliamo di come sta cambiando la comunicazione business-to-business. Cosa consigli agli altri CMO?
Per me, la tendenza è lavorare su valori che siano reali, in cui l’azienda si può riconoscere davvero, che siano veritieri. Un tono di voce generico ormai non funziona neppure nel B2B. È un bel trend e su questo in Prima Power siamo un passo avanti.
Con voi ci siamo occupati di ridefinire il posizionamento comunicativo di Prima Power, per presentare in modo più distintivo il valore della vostra offerta. Cosa avete apprezzato del percorso con Bellissimo?
Personalmente ho apprezzato la capacità di analisi, che per certi versi mi ha perfino stupito. Siete andati molto all’essenza, e alla fine di una serie enorme di input: siete passati dal grande al focalizzato, arrivando a una sintesi in cui ci riconosciamo.
La nuova tagline di marca, Evolve by integration, è entrata in azione in questi mesi. È presto, ma avete già riscontri?
Ora la comunicazione è molto più chiara e lineare. Trovo che i nostri colleghi abbiano più facilità a capire come comunichiamo. Sembra naturale, ma non è una cosa scontata. Anche nei loro post, o quando parlano con i clienti, iniziano a vedersi delle nuove parole chiave, stiamo sviluppando un vocabolario comune. Quando anche le persone lontane da te spiegano le cose come faresti tu, è una soddisfazione.
Su questo aspetto abbiamo raccolto un commento finale anche da parte di Simona Di Giovanni, Brand Marketing Communication, che ha coordinato il lavoro in quanto referente del progetto.
Anche per te il valore aggiunto del progetto è nella sintesi raggiunta?
Sono d’accordo con Enrico. Dopo il grosso lavoro di analisi e interviste avete trovato una brand proposition molto proiettata verso il futuro ma che racconta bene le nostre radici. Quando dobbiamo raccontare le novità, riusciamo sempre a inserirle in un quadro coerente con il passato. È un po’ la prova del nove che è il positioning giusto, e che sposa bene i nostri assi di crescita. Dal punto di vista operativo, funziona bene.
Pubblicato: 23 Set, 2024
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