INTERVISTE

Un caffè (dalla moka) con Cino Zucchi

Il modo migliore per presentare il progetto per la nuova moka prodotta da Lavazza, esoticamente chiamata Aladina, è chiedere al suo designer Cino Zucchi, architetto milanese attivo a livello internazionale, già impegnato dall’azienda, su tutt’altra scala, per la sede a Torino, la celebre Nuvola. Lo ringraziamo ancora per le risposte.

Cosa significa progettare un oggetto tanto centrale per la cultura e l’immaginario visivo italiani?

La caffettiera è un oggetto quotidiano che deve costituire lo sfondo amato della nostra vita; la forma di Aladina vorrebbe raggiungere il carattere ovvio e inappellabile della brocca dipinta da Vermeer ne La lattaia e al contempo contenere il “codice genetico” delle icone Lavazza: Caballero e Carmencita o le tazzine dal caratteristico manico tondo.

Dalla città alla moka: ci sono tracce del tuo lavoro architettonico nel design di Aladina?

Non credo alle trasposizioni formali tra design e architettura: il famoso adagio “dal cucchiaio alla città” non deve farci disegnare città a forma di cucchiai o cucchiai a forma di città. La sede Lavazza in via Bologna e Aladina sono forse accomunate da un’unità di carattere: qualcosa che sta a cavallo tra riconoscibilità formale e disponibilità ad accogliere la vita che scorre. Per me la forma non “segue” la funzione; piuttosto la accoglie in grembo, la abbraccia, la coccola, ne fa risuonare i sovratoni armonici.

Che rapporto hai con il caffè? Ha influito sul progetto?

Non so se un feticista sarebbe il miglior progettista di scarpe col tacco o un cocainomane quello di cucchiaini d’argento; certo un “caffeine addict” come me ha dovuto progettare una caffettiera con la quale convivere bene per lunghe ore del giorno e della notte.

Perché Aladina? Quando è sorta questa suggestione mediorientale?

La forma di Aladina è la metamorfosi di quella di due tazzine Lavazza sovrapposte. Da subito il profilo a occhio del coperchio ha mostrato analogie con la lampada di Aladino. Marco Zanuso aveva chiamato la sua caffettiera “Carmencita”, e ci sembrava bello continuare la serie con un nome femminile un po’ esotico, in questo caso frutto di un’operazione di cambiamento di sesso.

Il nostro progetto dà vita a un mondo visivo a partire dalle forme della caffettiera – una sorta di traduzione in grafica del design. Cosa ne hai pensato? Che valore può aggiungere?

Fin dalla prima proposta, il vostro progetto sia grafico che comunicativo mi ha entusiasmato, e lo ritengo davvero in sintonia con il progetto. Ai miei occhi contiene forti risonanze con una peculiare “via italiana alla grafica” incarnata dalla storia dei manifesti Olivetti o da pubblicità memorabili del secondo dopoguerra, capaci di addolcire il rigore “svizzero” delle forme semplici e dei colori primari con collage arguti e testi giocosi. Ma avete fatto tutto ciò senza nostalgia, anzi incarnando i valori di una contemporaneità capace di accogliere al suo interno la storia antica e prossima a una cultura materiale in continuo mutamento. E, cosa non scontata, il logo è bellissimo!

Pubblicato: 19 Dic, 2023